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BATTISTI: “PRESI UN 8 IN PAGELLA, UNICA VOLTA IN CARRIERA!”

“Il mio amore per il calcio – dice Sandro Battisti, ex difensore della Viterbese – è stato automatico, avendo avuto padre e nonno calciatori in categorie che allora si chiamavano “quarta serie” e “Promozione”. Quando ero ragazzino io, diventava naturale trascorrere la maggior parte della giornata fra i vicoli a tirare dei calci ad un pallone. A fare il calciatore, sinceramente, ci arrivai quasi per caso. Ricordo ancora quando il compianto Bruno Pace – sigaro in mano – mi disse che aveva bisogno di un terzino, non di uno stopper. Me la presi molto. Chiamai il mio procuratore dicendogli  di voler andar via, ma poi, per fortuna, mi fecero cambiare idea.

Esordii a Frosinone, poi mi confermai la settimana successiva, quando battemmo il Catania in casa. Ricordo che il cronista dell’epoca – Gino Di Tizio, se non sbaglio –  mi mise addirittura un otto in pagella, come non mi capitò mai più in carriera!

Il verbo vincere non ha sinonimi: significa sacrificio, sudore, determinazione. Vincere significa volerlo tutti insieme, con quella maglia che “pesa”, se c’è davvero il senso di appartenenza. Ma è proprio quello il bello del calcio!”

Incise molto il brutto infortunio al ginocchio in una amichevole precampionato disputata a Bagnoregio contro il Ceccano, una partita che, inspiegabilmente, assunse una brutta piega, che si accese senza motivo e che terminò con una rissa in campo.

Una volta era in ritiro. Dopo cena – in albergo – si faceva del piano bar: qualcuno chiese di suonare “Anche per te” di Lucio Battisti. Non l’aveva mai sentita. Quelle parole, “anche per te, vorrei morire, ma morir non so…..”, rappresentarono un’emozione fortissima per il Battisti meno famoso, che le riascoltò spesso in macchina, talvolta anche con Fabio Grosso, suo compagno di squadra al Chieti. Lo stesso che lo fece gioire immensamente con quel gol che permise all’Italia di diventare campione del mondo nel duemilasei.

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