“PROFONDO AZZURRO”. LA NAZIONALE DEL ’78 IN ARGENTINA, TRA LE MIGLIORI DI SEMPRE …

“Paolino” si era rigenerato nel ritiro azzurro e probabilmente già preparato a vivere il Mondiale rimanendo a guardarlo dalla panchina, tolta, magari, qualche piccola opportunità. E invece qualche partitella scialba durante il ritiro convinsero Bearzot a lanciare i due giovani, Rossi e Cabrini e a stimolare maggiormente il gruppo. La miglior medicina, molto spesso, è la volontà del gruppo, ma solo quando riesce ad essere qualcosa di compatto e non un insieme di litigiosità e mancanza di unità.
Un bel vedere, quel gruppo. Un paio di settimane che incollarono l’Italia davanti al televisore e che regalarono notti magiche, forse anche più di quelle tanto evocate – e cantate – di “Italia ‘90”. Che bella Nazionale, quella che vinse tre gare su tre nel girone di qualificazione, con gente motivata, con centrocampisti moderni come Antognoni e Tardelli, con l’ultimo grande Mondiale giocato da Causio – prima dell’avvento di Bruno Conti – con difensori arcigni, come Gentile e un Bellugi assai migliorato nel tempo. Funzionò tutto a meraviglia, fino alla gara con l’Olanda, in cui si sbagliò qualcosa, come squadra, non soltanto Zoff, nei due gol subiti con bordate dalla distanza. Stessa cosa nella finale per il terzo posto – finito ai Brasiliani – e anche qui con il portiere azzurro trafitto con una gran botta scagliata da più di trenta metri.
L’avventura azzurra, esaltante per molti versi, terminò con una coda polemica, i soliti veleni, con lo stesso Zoff – che rimarrà, invece – fino a quaranta anni tra i pali e vincerà il Mondiale in Spegna – sul banco egli imputati per aver incassato quei gol nelle due ultime partite.
Si parlò a lungo anche del pallone, il famoso “Tango”, che cambiava spesso direzione, se calciato con forza e da lontano, ingannando il portiere. Avrebbe, Zoff, potuto portarlo come attenuante, ma il taciturno portiere friulano preferì il silenzio alle critiche, come aveva sempre fatto in carriera e come fece anche da allenatore, quando, proprio nell’Italia, prese il posto di Maldini, dopo il Mondiale del ’98. Lasciò dopo l’Europeo perso due anni dopo con una finale decisa dal bruttissimo “goldengol” – fortunatamente “rottamato” dopo poco tempo – del francese Trezeguet. A Zoff non piacquero tante cose di quella gestione, dell’opinione pubblica – addirittura dell’intromissione della politica – e salutò tutti.
Tornando all’Argentina, quale fu il grado “alcoolico” di quel «Mundial»? L’Italia offrì prove di abilità, giocando del buon calcio, con l’unico rimpianto di non esserci stata, a giocarsi il secondo posto.
Fu una delle cose più belle, anche per quei ragazzi del bar, alcuni dei quali cominciarono a lavorare o a fidanzarsi e frequentare sempre meno quel locale. Era il 1978, l’anno del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.
Era anche il Paese ormai industrializzato in cui qualcuno già guardava con nostalgia all’universo contadino in via di estinzione. Proprio quell’anno Ermanno Olmi, il regista, vinceva la Palma d’oro al festival di Cannes con il suo capolavoro “L’albero degli zoccoli”. Al cinema, però, gli spettatori cercavano soprattutto lo svago e Grease fu la pellicola con il più alto incasso. Alla radio i Bee Gees cantavano in falsetto il disco singolo più venduto. Il “Mundial”, comunque si faceva egregiamente spazio sui giornali e tv, anche in mezzo a notizie più importanti, talvolta drammatiche.