AmarcordIl Pallone

AMARCORD. LA DOMENICA MATTINA DI UNA VOLTA …

Come ogni volta, arrivava per primo il custode del campo, col suo mazzo di chiavi, ad aprire le porte di quello che per molti era … il paradiso. Poi arrivava sempre qualcuno che borbottava e che si arrabbiava, ma, alla fine, risolveva tutti i problemi. Senza persone così, si sarebbe potuto lasciar perdere. Si accollava un pò tutto lui, dalle magliette alle righe sul campo.

Poi arrivavamo noi, per giocare la domenica mattina, per hobby. Per passione, perché senza di quella non ci sarebbe stato nulla, il divertimento, qualche urlaccio per un calcio ricevuto,   il portiere che si buttava nel fango.   Talvolta nella segatura sparsa davanti alla porta, regalata da qualche falegname amico, prima che venisse vietata, ritenuta cancerogena.

Li, nel bel mezzo di campi rionali, sembravano tutti uguali, tutti con una storia interessante da raccontare. Non manca qualche amico a vedere. Qualche genitore.   A casa hanno già lasciato qualcosa di pronto. Poi si scapperà, dopo la partita, per andare a tavola, per il pranzo, in cui si parlerà ancora di quel rito calcistico domenicale.

C’era anche l’arbitro, quasi sempre “rimediato”. C’era il caldo che si faceva sentire molto. Poi arrivava il primo gol, magari un gol bello, sotto l’incrocio dei pali. Non c’era Sky, né alcun telecronista urlante a immortalare la prodezza, ma gli amici lo raccontavano ad altri amici,  fino a far diventare questo “eurogol de noantri”, una leggenda metropolitana senza essere mai stata “virale”. che tutti ricorderanno. C’era il “tiraccio” di punta, tutt’altro che elegante, che, magari, rimetteva in parità il risultato. C’era ancora da giocare, c’era ancora da vivere.

Quando si trascorre la vita nel mondo del calcio si crede di aver visto quasi tutto, ma è quel “quasi” a fare la differenza.  Un “quasi” assai diverso. Oggi si scrive un’altra pagina, di storia personale di ognuno. E dello sport. Il tempo sembra andare in maniera inversamente proporzionale ai battiti cardiaci. L’acido lattico entra in circolo fino alle orecchie. La lavagna luminosa del quarto uomo ha sostituito la mano aperta dell’arbitro che indicava cinque minuti di recupero. Altri cinque minuti. Ancora cinque.

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