AmarcordIl Pallone

LAZIO-IPSWICH DELLA COPPA UEFA 73-74

di Massimo Prati
Nella Coppa Uefa di quella stagione, la Lazio fu eliminata dall’Ipswich Town al turno dei sedicesimi. La sfida tra questi due club ebbe risvolti di rilevanza storica e secondo me merita alcuni accenni.
Nella stagione precedente la Lazio da neopromossa si era trasformata in big del campionato, avendo combattuto fino all’ultimo per lo scudetto con Juve e Milan. Alla fine era arrivata terza e per questo motivo si era qualificata per la Coppa Uefa.
Ma, anche l’Ipswich Town stava vivendo un periodo prolifico. L’anno prima era arrivato quarto nella First Division, dietro a Liverpool, Arsenal e Leeds. Mentre, nel turno precedente di questa edizione di Coppa Uefa aveva eliminato il Real Madrid grazie ad una vittoria interna, determinata da un’autorete del difensore centrale spagnolo, Benito Rubiñán (era il Real Madrid di Netzer, Breitner, Del Bosque, Pirri e Amancio).
Nella partita di andata contro la Lazio, l’Ipswich Town aveva vinto quattro a zero, grazie ad un poker di gol segnati da Trevor Whymark.
Gli appassionati di calcio anni Settanta si ricorderanno dei fatti, o avranno sicuramente letto resoconti italiani a riguardo. Per questo, al fine di offrire un punto di vista inusuale e differente, propongo i ricordi di Tony Garnett, giornalista dell’East Anglia Daily Times che seguì per il suo giornale entrambi gli incontri.
In realtà, nella ricostruzione della successione dei gol del match di ritorno, il giornalista inglese è tradito dalla memoria e parla di un momentaneo tre a zero per la Lazio, quando invece l’Ipswich beneficiò di un rigore che lo portò sul due a uno. In effetti, il rigore in questione fu fischiato a favore degli inglesi nel secondo tempo quando si era sul due a zero (risultato con cui si era chiuso il primo tempo: reti al 1′ di Garlaschelli e di Chinaglia al 26′). La trasformazione del rigore al 70′, da parte di Colin Viljoen, fissò quindi il momentaneo due a uno per i laziali. Alla fine, la partita terminò quattro a due, con reti di Chinaglia all’83’ (su rigore) e all’86’ e un secondo e ultimo gol inglese al 90′.
Ma, aldilà di qualche discrepanza riguardante i ricordi personali del giornalista britannico, mi sembrava originale proporre una testimonianza diversa dal solito, tenendo presente che si tratta, per così dire, di una testimonianza di “parte avversa” e quindi sicuramente non imparziale.
Ecco allora, nella mia traduzione dall’inglese all’italiano, la ricostruzione di quegli eventi fatta da Tony Garrett, con alcuni dettagli a parer mio molto interessanti:
“[…] Il mio successivo viaggio in Italia con i Blu fu nel 1973. L’Ipswich aveva battuto nel precedente turno di Coppa Uefa il Real Madrid, un risultato al quale i supporter dell’Ipswich oggi stenterebbero a credere.
Poi a novembre arrivò il momento di incontrare la Lazio e fu un’esperienza che non scorderò mai. Gli italiani arrivarono a Portman Road per la partita di andata. L’allenatore, Tommaso Maestrelli, per l’occasione aveva rinforzato la difesa. Ma, fu un rimedio peggiore del male.
L’Ipswich si impose per quattro a zero guidato da Trevor Whymark che segnò quattro gol. Il quarto gol fu rabbiosamente contestato dagli italiani, i quali asserivano che Whymark avesse toccato di mano.
Fu un match molto duro. David Johnson, il centravanti dell’Ipswich, ricevette un colpo nelle parti intime. Rientrato a casa, si svegliò di notte e scoprì che le lenzuola del suo letto erano impregnate di sangue. Si dice che avesse subito una brutta lacerazione al prepuzio.
Al ritorno, nei primi momenti di visita a Roma, tutto andò bene. Ma quando ci fu il primo allenamento, l’atmosfera iniziò a surriscaldarsi. Una delegazione di tifosi giallorossi si presentò al campo accompagnata da alcuni fotoreporter.
Il capo delegazione, Pietro Magliocchetti (nota mia: la corretta grafia dovrebbe essere Pietro Maiocchetti) consegnò a Whymark un trofeo con la seguente incisione:
‘A Whymark, in segno di riconoscimento per la partita Ipswich Town-Lazio 4-0. Il Roma Club F.C. 12 ☆ Giallorosso, con affetto e gratitudine’.
Forse anche a causa di queste premesse, successivamente all’Olimpico ci fu un’atmosfera di intimidazione. Whymark prese un colpo in testa nelle fasi iniziali di gioco e, in seguito, Bryan Hamilton ammise di essere stato veramente spaventato dal violento approccio fisico al match da parte laziale.
Ricordo che ero in tribuna stampa quando ricevetti la chiamata dal mio editore, Donald Simpson. Mi disse: ‘Per domani non c’è bisogno di nessun articolo’.
Al telefono non mi disse il perché di quella decisione. Ma l’indomani scoprii che il sindacato nazionale dei giornalisti aveva indetto uno sciopero e l’editore non voleva avere problemi.
La Lazio sbloccò il risultato dopo 43 secondi e raddoppiò in nove minuti. Un terzo gol al 26′, rimise i laziali in partita. Ma le distanze riaumentarono quando, al 73′, l’arbitro olandese Leo Van der Kroft, per una caduta di Clive Woods, concesse un rigore che i giocatori della Lazio consideravano regalato.
Colin Viljoen trasformò freddamente il rigore. Whymark gli si avvicinò per congratularsi ma fu inseguito dagli arrabbiati giocatori laziali fin dentro la propria area.
All’82’, Giorgio Chinaglia segnò un altro gol, ma ne sarebbero serviti altri due per la regola del gol fuori casa segnato da Colin Viljoen. Nel finale, invece, Johnson segnò la rete che, nel computo complessivo dei match di andata e ritorno, portava al risultato di sei a quattro. Al fischio finale i giocatori dell’Ipswich si diressero rapidissimamente verso gli spogliatoi. Il portiere, David Best, essendo il più distante dall’uscita del campo, non riuscì ad evitare dei calci. Nonostante un fossato e una recinzione metallica ci fu un’invasione di tifosi laziali con lanci di lattine di birre. La polizia rispose ricorrendo ai gas lacrimogeni, in un disperato tentativo di mantenere il controllo.
Dubito che sarei riuscito a dettare per telefono un mio articolo, con i tifosi italiani che scagliavano i seggiolini verso la tribuna stampa. Tutto risulta sfocato dal tempo. Ma mi sembra di ricordare che mi ritrovai nello spogliatoio, con la squadra dell’Ipswich. I tifosi laziali, più forse anche qualche giocatore, picchiavano con i pugni alla porta. Anche l’arbitro, per sicurezza, si chiuse a chiave nel suo spogliatoio. In seguito, riuscì a dileguarsi passando da un’uscita secondaria.
Dopo un paio di ore, quando le cose si furono calmate, alla squadra dell’Ipswich fu concesso il pullman della Lazio per rientrare in albergo. A tutti fu detto di allungarsi sul pavimento del pullman perché c’era il rischio di lancio di pietre. Tutti intorno era pieno di cocci di vetro e si sentiva l’odore dei lacrimogeni.
Arrivati all’hotel, trovammo una folla inferocita ad aspettarci, così decidemmo di andare a cenare in un ristorante sui colli e aspettare che la situazione si normalizzasse. La stampa italiana titolava “Teppisti all’Olimpico”, “Follia all’Olimpico”. Non era calcio ma guerra.
Le intemperanze costarono care alla Lazio. Quella stagione si concluse con lo Scudetto, per la prima volta nei 74 anni di vita del club. Ma la Uefa decise di bandire la società dalla partecipazione alle coppe europee”.
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